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Riforma sanitaria, Biancani: “Indebolisce nostro territorio. Chiudere Marche Nord scelta incomprensibile"

La riforma della sanità istituisce cinque aziende provinciali, ognuna con i suoi dirigenti ma senza una reale autonomia, e soprattutto senza aumentare di un euro né le risorse né i posti letto.

Una riforma che rischia di essere solo un’operazione per aumentare le poltrone che non migliorerà i servizi ai cittadini, non diminuirà le liste di attesa o la mobilità passiva e provocherà un’ulteriore fuga del personale.I posti letto sono un aspetto fondamentale dell’organizzazione sanitaria. Per posto letto non si deve pensare semplicemente alla camera dell’ospedale, bensì alla possibilità o meno di dare un servizio, indica le risorse per attivare sia i luoghi sia, soprattutto, il personale in un reparto.Per assegnare i posti letto c’è una legge di riferimento nazionale, il cosiddetto decreto Balduzzi, che fissa un limite pari a 3,7 posti letto ogni mille abitanti.La nostra provincia è ben al di sotto con solo 2,6 posti letto ogni mille abitanti. Un numero di posti inferiore a quello che ci spetterebbe, che veniva giustificato con la presenza dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord, che a parità di investimenti aveva dei tempi di ricovero più brevi e dava un maggior numero di prestazioni rispetto ad altre aziende regionali. Nonostante questi dati, la Regione ha comunque deciso di chiudere l’azienda, come se un imprenditore titolare di 4 aziende decidesse di chiudere quella che ha i dati migliori, una scelta incomprensibile.La riforma ha come obiettivo dichiarato quello di riavvicinare la sanità ai territori, ma non si capisce come la Regione intenda farlo, visto che oltre a chiudere l’Azienda Marche Nord non ha contestualmente previsto un riequilibrio dei posti letto spettanti alla nostra provincia. Attualmente, in assenza di nuove risorse, strutture, attrezzature e personale, nel nostro territorio mancano circa 300 posti letto.Se veramente la Regione avesse voluto migliorare la sanità territoriale, ridurre le liste d’attesa e contrastare la mobilità passiva, come promesso, avrebbe dovuto prevedere un aumento delle risorse e il conseguente aumento dei posti letto o almeno un riequilibrio dei posti letto a livello regionale, a vantaggio di tutte le strutture sanitarie della provincia, ognuna delle quali avrebbe potuto dare così più prestazioni e in tempi più rapidi. Al contrario, ha proposto una modifica organizzativa senza prevedere nuove risorse e chiudendo Marche Nord.Ci saremmo aspettati che tutte le aziende che si andranno a costituire nelle cinque provincie, partissero dalle stesse condizioni, per garantire gli stessi livelli di assistenza socio-sanitaria, con un riequilibrio dei posti letti a livello regionale. In questo modo la nostra provincia vedrebbe compensato in parte il danno della chiusura dell’azienda, mentre senza nuovi posti letto sarà nettamente svantaggiata rispetto ad altri, non avendo più l’azienda Marche Nord e neppure i posti letto a cui avrebbe diritto. Il rischio, ora, è di creare delle provincie di serie A e altre di serie B, con strutture e servizi sovradimensionati nel primo caso, e sottodimensionati nel secondo.Qualcuno ha definito il nuovo progetto delle cinque aziende provinciali un livellamento dei servizi tra tutto il territorio, ma non ha specificato che si tratta di un livellamento verso il basso, con il rischio che in tutta la provincia non ci sia più neppure un ospedale realmente di primo livello e che alcune specializzazioni vengano trasferite ad Ancona, andando verso un modello di sanità “Ancona-centrico”.Un ulteriore rischio è che potrebbe diventare più difficile trovare il personale, in quanto Marche Nord era un elemento di attrazione per gli specialisti che verrà meno, facendo sì che i bandi vadano ancora più deserti di quanto già non accada e addirittura spingendo qualche dipendente a dimettersi per andare altrove. Tant’è che ho presentato anche un emendamento per avere garanzie rispetto alla salvaguardia dei servizi di eccellenza e del relativo personale, attualmente presenti a Marche Nord, ma purtroppo è statao bocciato.Una riforma che indebolisce proprio la sanità della provincia di Pesaro-Urbino, che invece andava potenziata per la sua vicinanza con la competitiva Emilia Romagna che ogni anno attrare cittadini marchigiani. Marche Nord ha cercato di contrastare la mobilità passiva, che non è aumentata negli ultimi anni. I dati del triennio 2017-2019 dell'Area Vasta 1, contenuti nel report commissionato dalla Regione, registrano, una tendenza alla diminuzione della spesa per la mobilità passiva, passando dai 43,747 milioni di euro del 2017, ai 40,782 del 2019, una diminuzione di circa 3 milioni pari al circa 7% della spesa. Di contro la mobilità attiva, ovvero le entrate dovute ai pazienti ricoverati da fuori regione, è cresciuta da 91 milioni di euro a 94. Adesso cosa accadrà con la chiusura di Marche Nord?Siamo di fronte a scelte che rendono difficile pensare ad un miglioramento della sanità nella nostra provincia, che fanno temere per un aumento della mobilità passiva, della fuga del personale e delle liste d’attesa, già esplose negli ultimi due anni.Puoi commentare l'articolo su Vivere Fano


Andrea Biancani Vicepresidente Consiglio Regionale