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Fermo: La politica, i partiti, le idee che mancano, la crisi del Fermano e il gioco delle carte. Intervista al sen. Giorgio Cisbani

Giorgio Cisbani è stato senatore della Repubblica Italiana e componente la Commissione Difesa e quella Industria-Commercio-Turismo alla fine degli anni Ottanta - inizio '90. Prima nel PCI poi nella sua trasformazione in PDS. Mente vivace, appassionato di letture e viaggi. Comunista mai pentito. Inframezza la scrittura al gioco della briscola, tressette e scopone. Anzi, il giorno in cui parliamo (lunedì scorso) è galvanizzato dal fatto che alle 17 aprirà «la casa da gioco» in giardino, al mare. Cisbani si piglia poco sul serio: può parlare del crollo del Muro di Berlino e contemporaneamente del fermano Roxy bar che tolse il biliardo e dismesso il gioco delle carte.

E la politica. E la campagna elettorale?

Sono allegramente confuso. Non cambio “stanza” però, resto quel che sono sempre stato. E non faccio campagna elettorale. Il mondo s'è ingarbugliato parecchio. Mi sembra che di idee in giro non ce ne siano molte. A volte mi soffermo ad ascoltare con interesse Guido Crosetto dei Fratelli d'Italia e Flavia Perina già direttore del Secolo d'Italia. S'è capovolto qualcosa? Però, un attimo!, ascolto anche con piacere i ministri Provenzano e Gualtieri.

Parliamo della nostra terra. Del Fermano

Ma ci sei stato mai al terzo piano dell'hotel Astoria di Fermo? C'è un panorama delizioso. Io qualche giro l'ho fatto. E quando salgo su mi viene in mente la Bahia di Tutti i Santi di Salvador de Bahia. Questo nostro è un territorio – fammelo dire in termini religiosi (ride, n.d.c.) – benedetto. Ma di esso c'è poca o nessuna consapevolezza. A Sinistra forse qualcuno ce l'ha... Prendi, ad esempio, il consumo del terreno. Il consumo s'è bloccato grazie al Covid, altrimenti sarebbe andato avanti. E non parlo solo del Fermano. Mi ricordo un galantuomo democristiano, Fiorentino Sullo, che tentò di fermare lo scempio. Fu fatto fuori!

E allora?

Allora, il primo problema sono le amministrazioni locali, i sindaci. Sto parlando di una unità che non c'è, di una battaglia da fare in gruppo. Di una visione unitaria da trovare. Di un sognare all'unisono. La provincia, anche se non si capisce che fine faccia, deve facilitare lo stare insieme. Dobbiamo ragionare in termini di città unica: i comuni sono i quartieri. Abbiamo un territorio articolato e bello. Abbiamo un patrimonio diffuso di saperi notevole che va dall'imprenditore all'artigiano fino alla classe operaia che è abituata a lavorare bene, conseguenza della mezzadria. Pensa un attimo a Fermo e a quell'immenso patrimonio fisico. Un bene su tutti: Rocca Monte Varmine. Io dico da tempo: basta con le costruzioni, mettiamo mano alle ristrutturazioni e ai restauri.

Sì, va bene. Ma qualche idea?

Mi viene da pensare che il centro storico di Fermo potrebbe trasformarsi in un grande, stupendo, accogliente Campus universitario, sul tipo di quelli statunitensi.

Il punto dolente – insisto - è che manca una visione d'insieme. Un quadro di riferimento deve esserci anche per le piccole scelte. Un altro problema è il respiro culturale, che sta venendo meno. Negli anni Settanta, ricordo a Fermo “Fare Comunicazioni”, il grande cinema, le iniziative di spessore del sindaco Anneo Giostra. Sarò io che sono invecchiato, però mi sembra che il livello culturale – e non sto parlando di qui, ma in genere – siano in caduta libera. Nessun dibattito. Un tempo c'era Pasolini che, croce e delizia della sinistra, metteva in circolo idee e proposte. C'era una ricerca. Un confronto.

Oggi si fa intrattenimento e non proposta culturale

Eh sì, noto una montante superficialità. Noi avevamo una speranza: il futuro era nostro, ci apparteneva. Oggi per i giovani è difficile anche immaginarlo.

Della classe politica che pensa?

Io a venti anni seguivo il senatore Ezio Santarelli che teneva incontri e comizi anche nelle stalle, vicino agli animali e al fieno. Gavetta, insomma. Oggi si può vendere bibite allo stadio e subito domani diventare ministri. Boh!

Oltre alle carte e alle riviste di politica?

Passeggio davanti al Duomo. Dove c'è un vecchio compagno che mi richiede i soldi delle tessere annuali fatte al PCI...

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Adolfo Leoni