navigazione: Home > Attualità > Crack Banca Marche: in aula il teste Darini smentisce il prof. Masera

Crack Banca Marche: in aula il teste Darini smentisce il prof. Masera

Si è tenuta lunedì l’udienza del processo penale sul crack “Banca Marche”, nella quale è stato sentito il teste Walter Darini, noto imprenditore jesino e già membro del cda durante la gestione Bianconi, il quale in un primo tempo era stata anche indagato per poi vedersi archiviate le accuse mosse contro dalla Procura.

Il teste, interrogato dall’avvocato Corrado Canafoglia, dell’Unione Nazionale Consumatori che patrocina oltre 3000 risparmiatori truffati, ha ricordato di non aver partecipato all’aumento di capitale sociale del 2011 perché consigliato dal proprio legale di astenersi in quanto già troppo esposto verso Banca Marche. Sempre in merito all’aumento del capitale sociale del 2011 Darini ha precisato di non essere in grado di riferire il motivo per cui la Banca San Paolo, che deteneva il 7% del capitale social, non abbia partecipato all’aumento proposto. La singolarità delle defezioni sta nel fatto che Darini e San Paolo insieme detenevano il 9% del capitale sociale della banca, erano membri del cda che aveva proposto ai soci di partecipare all’aumento di capitale sociale nel 2011 per risollevare le sorti di Banca Marche, ma essi non vi parteciparono.

Il teste Darini ha poi affrontato il tema della “cordata degli imprenditori marchigiani” che nel 2013 avevano dato la disponibilità a salvare Banca Marche. Finora si era sempre saputo che questi imprenditori locali non avevano dato la loro disponibilità, tanto che il prof. Rainer Masera, ultimo presidente del cda di Banca Marche, sentito come teste, aveva dichiarato in udienza che stante il disinteresse degli imprenditori locali a salvare la banca, si era visto costretto ad abbandonare il progetto di ristrutturazione. Darini invece ha smentito l'affermazione di Masera, raccontando che "non solo vi erano gli imprenditori marchigiani pronti a partecipare al salvataggio della banca", ma addirittura si erano riuniti in Regione allora convocati dal Governatore Spacca ed avevano sottoscritto la loro disponibilità a mettere il loro denaro per salvare la banca, ma poi nessuno della banca stessa. 

Il particolare rivelato da Darini smentirebbe l’idea del disinteresse dell’imprenditoria marchigiana, che rappresentava uno degli elementi che Bankitalia ed il prof. Masera hanno utilizzato per dar seguito prima al Commissariamento di Banca Marche e poi alla risoluzione dell’Istituto marchigiano azzerando così il valore delle azioni di oltre 44.000 risparmiatori. "E’ lecito chiedersi chi abbia fatto fallire Banca Marche" – chiosa l’avv. Canafoglia. L’udienza è stata rinviata al 15 marzo.Puoi commentare l'articolo su Vivere Senigallia


Giulia Mancinelli