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Movimento 5 Stelle: "La tecnica della Meloni per manipolare i marchigiani"

Altro che visita istituzionale: Giorgia Meloni è atterrata ad Ancona come
una popstar in tour a soccorrere il suo pupillo Acquaroli, ormai in
evidente difficoltà.

Cori da stadio, applausi telecomandati, bandiere sventolate a beneficio delle telecamere. Una piazza imbottita di entusiasmo prefabbricato, messa lì non per ascoltare ma per acclamare. Ufficialmente per “sostenere” Francesco Acquaroli, in realtà per metterci il timbro: la Regione è roba loro, e guai chi osa metterlo in discussione. Non è stata una conferenza di governo, ma una lezione di psicologia delle masse, parole scelte non per spiegare, ma per trascinare, il repertorio, Meloni, lo conosce bene e lo maneggia con sicurezza. Non è un caso. Ci sono manuali che spiegano come manipolare le masse come “Psicologia delle masse" di Freud o "Psicologia delle folle" di Le Bon. Libri che Mussolini teneva sul comodino e che Hitler citava a memoria come testi di riferimento. In quelle pagine si spiega chiaramente come la gente ragiona, il copione è sempre quello: la folla si emoziona, imita, si lascia trascinare. E chi sa toccare certe corde la conduce dove vuole. La nostra Presidente del consiglio, pardon, il nostro Presidente lo fa con mestiere. Sul palco, inizia fingendo fragilità: “…Senza di voi non andrei avanti, di tanto in tanto ho un bisogno disperato di venire a prendere da voi un po’ di energia ed entusiasmo e di ricordarmi perché sto facendo la vita che faccio.” Giorgia, una di noi, si finge fragile, quasi esausta. Ma è un vecchio trucco, chi ascolta non si percepisce più come semplice cittadino, ma come sostegno indispensabile del leader. È un artificio sottile: più ti senti importante per lei, più ti consegni docilmente nelle sue mani, non sta cedendo potere, lo sta raccogliendo. Poi arriva l’umiltà che diventa autocelebrazione: “Non era scontato che dopo tre anni, in questa piazza, ci fosse ancora più gente.” Qui finge umiltà ma in realtà si autocelebra. È la riprova sociale: se la piazza è piena, allora il governo funziona. La massa guarda se stessa e conclude che la leader ha ragione. E’ il classico effetto «bandwagon» (noto come il salire sul carro del vincitore) che porta i cittadini a simpatizzare da subito con chi sembra avere successo… e il consenso si autoalimenta. Segue il momento patriottico: “Con questo governo l’Italia è diventata un punto di riferimento per l’Occidente, noi siamo fieri di quello che siamo.” Nessun dato, solo orgoglio. La folla abbassa le difese e si affida ancora di più a chi la rappresenta. È un inno identitario che anestetizza le coscienze: mentre si sventolano bandiere, nessuno pensa agli ospedali che chiudono o ai giovani che fuggono.  Poi la fermezza ostentata: “A chi scrive che litighiamo dico: fatevene una ragione, continueremo a governare.” Qui la strategia è chiara: niente ci scalfisce e In tempi di incertezza, la fermezza diventa un’ancora. Nel frattempo si inventa il nemico di turno, giornalisti, critici, chiunque osi disturbare. È facile dividere il popolo in buoni e cattivi così puoi anche smettere di parlare dei problemi reali. Noi contro loro, un meccanismo antico quanto efficace per cementare la coesione della folla. Infine, il colpo di teatro, da da da: il vittimismo. “Nessuno è oggetto di odio come me, c’è un vero business dell’odio.” Una Presidentissima da operetta che si autoproclama bersaglio di complotti, la martire della nazione. La logica che insinua è semplice: se la attaccano, allora ha ragione. Ma dimentica un dettaglio: è lei a parlare sempre in toni aggressivi, a creare nemici, a soffiare sul fuoco. Denuncia l’odio, ma lo alimenta quotidianamente, trasformando la politica in un reality rabbioso, dove i contenuti svaniscono dietro la ricerca di uno scontro continuo. Ed eccoci alla domanda cruciale che il Movimento 5 Stelle pone ai marchigiani: vogliamo ancora farci ipnotizzare da un microfono e da una piazza gonfiata ad arte, o vogliamo finalmente pretendere risposte concrete ai nostri problemi? Perché le promesse sono lì, smentite dai fatti. I “blocchi navali” hanno prodotto sbarchi record. L’abolizione della Legge Fornero si è trasformata in un innalzamento dell’età pensionabile. Le accise sulla benzina, che dovevano sparire, sono rimaste mentre i prezzi continuano ad aumentare. La lotta all'amichettismo si è trasformata in nuove poltrone per amici e parenti. Gli investimenti destinati alla sanità, sono stati sacrificati buttando quasi un miliardo per i centri in Albania, ormai meta di cani randagi che mai FUN-ZIO-NE-RAN-NO! È qui che si misura la distanza tra la piazza scenografica e la vita reale. Da una parte slogan, cori e bandiere; dall’altra famiglie che non arrivano a fine mese, ospedali al collasso, ragazzi che scappano all’estero. Non possiamo più permetterci di accontentarci di fiumi di parole ben confezionate e il Movimento 5 Stelle, che ha dimostrato con coerenza di stare sempre dalla parte dei cittadini, si propone come garanzia del cambiamento. Siamo di fronte a un bivio semplice e spietato: o continuiamo a lasciarci sedurre da chi vive di slogan, predica bene ma poi razzola male o decidiamo di scegliere chi ha dimostrato, con atti concreti, di anteporre i fatti alle parole.Puoi commentare l'articolo su Vivere Senigallia


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