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Fermo: Scuola, problema docenti precari nel Fermano, l’87% di sostegno. De Vita CGIL: “Colpa della logica dei tagli, servono più investimenti nell’istruzione”

Precariato a scuola: sono più di 400 in tutto il Fermano gli insegnanti con contratto annuale, oltre a 15 docenti della primaria che devono essere nuovamente individuati per irregolarità nell’ultimo concorso. “La situazione è rimasta invariata da anni”, spiega Enzo De Vita, segretario FLC CGIL Fermo, “ed è il risultato della logica dei tagli”.

 Da una settimana è suonata la campanella in tutte le classi del Fermano e forse, rispetto allo scorso anno, qualche docente è cambiato, o è un supplente a prendere la cattedra. Al di là di infortuni, maternità o altre ragioni che tengono fermi gli insegnanti per un periodo, il tema è quello del precariato, il nemico mai sconfitto della nostra scuola. Precariato che implica la mancanza di continuità didattica per studentesse e studenti, la mancanza di impiego stabile per moltissimi docenti, nonché la mancanza di un luogo di lavoro stabile, con lo spauracchio di trasferimenti a decine di km da casa. “I docenti di ogni ordine e grado nella nostra Provincia che hanno un contratto dal 30 giugno al 31 agosto del prossimo anno sono 443”, ci spiega Enzo De Vita, “senza contare quindi le supplenze per malattia, maternità e le sostituzioni di breve periodo”. Di questi, 386, quindi l’87%, sono insegnanti di sostegno. “Il precariato nel sostegno”, afferma il segretario De Vita, “è dovuto al fatto che c’è più offerta che richiesta, e che spesso è complesso coniugare il lavoro con i corsi di specializzazione. Con i nuovi corsi INDIRE le cose nei prossimi anni potrebbero cambiare in positivo, ma da vedere”. Se vogliamo analizzare dove il precariato è più diffuso, in testa abbiamo le scuole primarie, con 18 docenti e 156 insegnanti di sostegno, seguite dalle scuole secondarie di secondo grado, con 26 docenti e 119 insegnanti di sostegno. Nella lista delle primarie sono da annoverare anche 15 docenti che “devono nuovamente essere individuati tramite concorso”, nota sempre De Vita, “dopo che l’ultima volta sono stati commessi errori in commissione. Probabilmente adesso stanno facendo gli orali, quindi la situazione si risolverà in poco tempo, ma è un accadimento disdicevole”. Negli anni abbiamo assistito a un miglioramento o a un peggioramento? “La situazione dagli scorsi anni”, risponde quest’ultimo, “è rimasta pressoché invariata. Il Ministro Valditara sbandiera a livello nazionale tante assunzioni, ma dovrebbero essere coperti almeno il doppio dei posti rispetto a quelli che ci sono oggi. Molti di quelli che vengono assunti tra gli insegnanti inoltre sono a contratto annuale”, come i dati prima citati, “incrementando così il precariato, la discontinuità didattica e i cambi di luogo per i docenti, che si trovano spesso ad affrontare trasferte onerose”. La colpa di tutto ciò è nella “logica dei tagli, che spesso viene giustificata con la scusa della discesa della curva demografica; così però si porta alla nascita di classi con 28, 30 alunni, difficili da gestire”, le cosiddette classi pollaio. Tutto ciò tralasciando il fatto che le insegnanti e gli insegnanti italiani hanno tra gli stipendi più bassi d’Europa. Il precariato non è tutto da demonizzare secondo il segretario: “Una quota di precarietà di piccolo cabotaggio è necessaria, ma quello che bisogna evitare è di creare la cosiddetta precarietà storica”, quindi lavoratrici e lavoratori che restano precari per anni, se non per decenni. Precarietà storica che rischia di incrementare anche a seguito della nuova riforma di accesso all’insegnamento in vigore da qualche anni, i cosiddetti “60 cfu”. “Con la riforma”, afferma De Vita, “lo Stato ha subappaltato la formazione dei suoi docenti, costringendo università pubbliche e private ad erogare corsi"; corsi dalla durata di circa 6 mesi e i cui costi si aggirano tra i 1500 e i 2000 euro che, in caso di superamento, garantiscono l'abilitazione, ma non il posto di ruolo che si ottiene sempre sostenendo il concorso. Insieme al prezzo poco democratico, soprattutto per i redditi più bassi, "non tutti gli Atenei hanno a disposizione i corsi per tutte le classi di insegnamento, e temiamo che le università telematiche possano fornire una formazione di qualità inferiore”. La soluzione, “sicuramente non può provenire dal locale”, conclude, “siamo alla fine di una serie di iniziative provenienti dall’alto. L’ufficio scolastico di Ascoli e Fermo non può alzare gli stipendi o aumentare i posti a disposizione, ma nonostante i problemi si è sempre mostrato sul pezzo e disponibile”. Copertina: Genova24Puoi commentare l'articolo su Vivere Fermo


Danilo Monterubbianesi