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Ascoli: Beko, vertenza Italia, esuberi veloci, investimenti lenti

Al Mimit il primo tavolo di monitoraggio: sindacati e azienda senza dichiarazioni ufficiali. Crescono i timori sul rilancio industriale.

Tre ore di confronto nella Sala Parlamentino del Ministero delle Imprese e del Made in Italy hanno segnato il primo tavolo di monitoraggio sulla vertenza Beko Europe. L’accordo del 14 aprile 2025, approvato dall’88% dei lavoratori, prevedeva incontri semestrali per verificare l’attuazione del Piano di Trasformazione Italia. Al termine del summit, nessuna dichiarazione ufficiale da parte dei sindacati né dei rappresentanti della multinazionale turco-americana. Ma ciò che è trapelato racconta un quadro chiaro: gli esuberi avanzano, gli investimenti arrancano. Dei 1.284 esuberi dichiarati, 642 hanno già accettato incentivi all’esodo, mentre altri 270 usufruiscono di ammortizzatori sociali per accompagnare le dimissioni. La riduzione numerica avanza con rapidità, segnale di una ristrutturazione che procede più sul fronte occupazionale che su quello produttivo, confermando la fragilità di un comparto che un tempo rappresentava un pilastro dell’industria italiana. Sul fronte degli investimenti, invece, il passo è più lento: per il 2025 sono stati confermati 5,8 milioni di euro destinati a innovazione e tecnologia, con un incremento previsto a 8,4 milioni nel 2026, mentre il piano complessivo prevede 300 milioni entro il 2027. Cifre che, seppur significative, appaiono insufficienti rispetto alla crisi del comparto elettrodomestici. Il mercato europeo mostra un timido +2% nelle vendite, ma Beko arretra con un -11% nei ricavi e quote di mercato erose dalla concorrenza asiatica. La multinazionale, che ha acquisito gli stabilimenti italiani della Whirlpool, fatica a intercettare la ripresa. Dopo l’annuncio di chiusura di tre siti – Siena, Comunanza e Cassinetta – che aveva messo a rischio oltre 2.000 posti, l’intesa di aprile ha ridotto gli esuberi e salvato alcune produzioni strategiche: frigoriferi a Cassinetta, reindustrializzazione a Siena, continuità produttiva a Comunanza. Una svolta accolta con sollievo, ma che resta fragile, sospesa tra promesse di rilancio e la realtà di un settore in crisi da oltre un decennio. Il nodo centrale è la credibilità del piano industriale: la rapidità con cui si gestiscono le uscite contrasta con la lentezza degli impegni sul futuro. Senza un rilancio concreto, il rischio è quello di un lento svuotamento industriale. La vicenda Beko racconta molto più di una crisi aziendale: è la parabola di un settore, quello del “bianco”, che ha accompagnato il boom economico italiano e che oggi fatica a reggere la competizione globale. Il tavolo romano non ha prodotto dichiarazioni ufficiali, ma ha lasciato un messaggio implicito: il tempo stringe. Senza un rilancio vero, gli investimenti rischiano di restare sulla carta e gli esuberi di trasformarsi in un lento svuotamento industriale. Una prospettiva che interroga non solo Beko, ma l’intero Paese: quale futuro per l’industria italiana, quando la memoria del passato sembra più solida delle promesse del presente?Puoi commentare l'articolo su Vivere Ascoli


Lorenzo Bracalente