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Macerata: “Niente è impossibile”: Alex e la rinascita dell’intreccio moglianese

Alex Maurizi è il fondatore di ‘Intreccio Vivo’, brand fondato nel 2019 con l’obiettivo di tenere in vita un’arte antica, l’intreccio, valorizzando le competenze artigiane della manifattura italiana. Una maestria storica quella dell’intreccio moglianese, che Alex ha dato in mano ad altri suoi coetanei, così da trasformare un mestiere antico in un lavoro contemporaneo.

Ciao Alex, a 25 anni hai deciso di non far perdere l’antico sapore dell’intreccio moglianese, che cosa è scattato in te? Come è maturata questa tua scelta di vita?“‘Intreccio Vivo’ nasce il 1° ottobre del 2019, da un processo iniziato due anni prima, quando avevo 18 anni, per cercare di mantenere in vita una lavorazione storica nel distretto di Mogliano e poi nel tempo per valorizzarla. Lasciai gli studi in quarto superiore perché non trovavo corrispondenza tra quello che era il mondo della scuola e quello del lavoro; ero parecchio irrequieto, non riuscivo a stare fermo, sul banco mi mancava la concentrazione e spesso mi sentivo dire dai professori che non sarei riuscito nel lavoro. Quando invece prestavo servizio in gastronomie o ristorante avevo sempre i riconoscimenti massimi da parte dei miei titolari, mi adoperavo, ero metodico e la concentrazione che invece sul banco mi mancava era totale nell'orario lavorativo. Lo spunto per l’attività nacque a tavola, avendo la mattinata e metà pomeriggio libero prima di lavorare la sera come cameriere, i miei nonni percepirono questo mio stato di noia, perché sono un tipo che non sa stare con le mani in mano, non riuscivo al tempo e non riesco tuttora, perciò mi dissero “perché non provi con quella che era la lavorazione con l'arte dell'intreccio?”, è un’arte storica che il tuo bisnonno faceva. Di fatto il mio bisnonno Luigi fu uno dei primi artigiani a prendere in mano questa lavorazione per poi portarla nel mondo imprenditoriale, realizzava oggetti e complementi d'arredo. Mio nonno invece lasciò l'attività di famiglia e non si occupò di questo. Mi dissero dunque perché non provi, visto che hai un'ottima manualità, poiché fin da piccolo mi adoperavo per fare delle creazioni e poi venderle a dei mercatini, in generale sono stato sempre molto creativo e adatto a tutti quelli che erano i lavori dove c'era bisogno di una buona dote manuale. Mi raccomandò un primo artigiano e andai subito con molto piacere, anche se poi fu una formazione atipica, questo signore di 85 anni cercò di trasmettermi pian piano, con i fatti, non era un tipo di tante parole, quella che era la lavorazione del midollino. Iniziai a testare questa prima materia e a mettermi alla prova, capii subito che era un qualcosa che mi riusciva e quindi preso dalla curiosità chiesi a questo stesso artigiano di presentarmi ad altri bottegai, così andai ed imparai la lavorazione del vimini, della pelle, della corda, dell'impagliatura, tutte materie che necessitano di una mano diversa, hanno consistenze differenti, quindi la mano si deve muovere in maniera dissimile per ognuna di esse. Una volta acquisii le basi di questa lavorazione, presi le prime commesse da questi stessi bottegai e decisi subito di creare un mio piccolo spazio, liberando il sottoscala di casa con l’aiuto di un mio amico. Comperai con i soldi che avevo messo da parte facendo il cameriere, quelli che erano gli attrezzi necessari: un tavolo da lavoro, una seduta, puntaruoli, forbici e martello. Cominciai a prendere pertanto queste commesse, le misi a terra e oltre a rispondere a quelli che erano gli ordini da parte delle botteghe, iniziai a sperimentare con texture e mi resi conto che comunque c'era un grosso potenziale inespresso, perché tra forme, texture e materie le combinazioni sarebbero potute essere infinite. Dopo aver sciolto questo nodo interiore, iniziai a cercare di promuovermi tramite canali social e anche grazie al passaparola presi dei miei clienti diretti, realizzai prima delle prototipie, poi delle produzioni con questi clienti e dopo averne fatte alcune, creai quello che invece è il laboratorio che tutt'oggi ci ospita, parlo al plurale perché ad oggi l'organico di ‘Intreccio Vivo’ conta 15 artigiani. Col tempo non mi fermai alle sole produzioni e ai soli clienti che avevo, capii subito che se qualcuno di questi mi avesse lasciato a piedi avrei potuto avere dei problemi a livello economico, alla luce del fatto che avevo assunto anche dei ragazzi appena usciti dalle scuole che avevo selezionato, quindi più o meno miei coetanei, anche più piccoli, prima di tutto per cercare di avere da loro dell'elasticità mentale e poi per far passare in maniera definitiva in mano la lavorazione ad una nuova generazione. Arrivato a questo ragionamento, dopo aver capito che due o tre clienti non erano necessari per coprire tutte le esigenze e i costi della nostra azienda, iniziai fortemente a battere su social e dei canali appositi come LinkedIn e preparai delle tattiche, dei messaggi che presentavano la mia azienda. Con le foto che avevamo inviato assieme a questi messaggi, abbiamo catturato l'attenzione della maggior parte dei clienti che ci eravamo prefissati e ad oggi il nostro parco clienti è molto vasto, conta un po' tutte quelle che sono le più grandi aziende del mondo della moda, del design, dell'arredo, della nautica e dell'automotive. Perciò lo switch che c'è stato tra la vecchia e la nuova generazione a mio parere è stato il modo con cui ci siamo posti a questi mondi. Se prima c'era una chiusura totale, la frase più ricorrente che si sentivano dire gli uffici acquisti, di stile e design da parte di un artigiano era ‘no, non si può fare, o sì, si può fare, solo con questa texture e solo con queste forme’, ad oggi quello che invece si sentono dire è si può fare, troviamo il nodo, il modo per realizzare questa tua idea. Quello che sicuramente ha ‘Intreccio Vivo’ e che invece non hanno avuto le altre aziende è il servizio, la qualità con cui opera, l'elasticità, il dinamismo che può offrire un organico così giovane con un saper fare così antico in mano”.Puoi raccontarci la storia dell’intreccio moglianese?“La lavorazione dell'intreccio è antichissima, forse la prima che fu inventata e scoperta dall'uomo, infatti era utile in un primo momento oltre che per la raccolta degli ortaggi,  per la copertura, i capanni venivano e vengono, chi ancora ne sviluppa, realizzati con il principio d'intreccio, ugualmente le recensioni che il primitivo nei primori andava ad installare all'esterno delle proprie case e caverne, quindi è stata davvero una produzione antichissima che parte forse, ci sono dei documenti storici che ne parlano, ma non posso dirlo con certezza, prima del ferro, della tessitura e della lavorazione del legno. Nel distretto di Mogliano, come in tutte le parti del mondo, si intrecciava davvero con i piceni, ma i reperti che possiamo vantare o che riusciamo a raccogliere ad oggi derivano dalla fine dell'Ottocento. Chiaramente prima si intrecciava più che altro per avere degli oggetti funzionali a quello che era la raccolta dei campi, all'utilizzo rurale, ma nel tempo, tra il primo ventennio del Novecento, iniziò a Mogliano a svilupparsi una rete di botteghe che iniziavano a portare questa lavorazione non solo nelle ceste funzionali di raccolta, in panieri e quant'altro, ma anche nell'arredo, quindi per creare proprio del mobilio, delle sedute, contenitori di ogni tipo, ceste da biancheria, quindi tutte quelle che sono delle fabbricazioni utili alle case in tutto il mondo. Pian piano si sono sviluppate delle botteghe artigiane e le persone che lavoravano la terra, quindi contadini, che avevano in mano questa lavorazione e che facevano prevalentemente d'inverno, perché d'estate chiaramente c'era la raccolta e la semina, diventarono il loro primo lavoro e iniziarono a farlo in tutto l'arco dell'anno. Si spostarono dalle campagne alle botteghe nel borgo di Mogliano e iniziarono a sviluppare queste produzioni per dei grossisti che poi vendevano in tutto il mondo. Purtroppo fin da subito non ci fu una grossa collaborazione tra le varie botteghe, infatti arriviamo agli anni 70, dove attraverso degli annali storici si possono contare fino a 270 aziende prestate alla lavorazione dell'intreccio. Al tempo Mogliano aveva una popolazione di 3.500 abitanti, quindi su 3.500 abitanti 270 aziende, chiamiamole “famiglie” perché al tempo non erano aziende, si occupavano di intreccio. Questo dato ci fa ragionare sul fatto che nessuno mai ha cercato di aggregarsi, di mettersi insieme, di creare un consorzio, tutti lavoravano in maniera separata. Questo cosa portò? Chiaramente il lavoro ce n'era, ma non così tanto per riuscire a rispondere al fabbisogno di 270 famiglie che poi lavoravano tutte in maniera davvero separata, perciò iniziarono a farsi “guerra” e a giocare con il ribasso dei prezzi per accaparrarsi il cliente. Questo portò ad una svalutazione chiaramente di quella che era l'arte. Oltre a ciò, con questo gioco di ribasso dei prezzi, le botteghe artigiane non riuscivano quasi più a ripagare neanche il costo vivo della cesta o della seduta o del tavolo che andavano ad intrecciare, molto spesso, chiaramente da fonti più che attendibili, si lavorava ‘per la gloria’, per il gusto o per il vanto di dire ho lavoro, posso contare degli ordini. Nel tempo questo portò alla morte quasi clinica del distretto, solo le aziende che si erano un po' più strutturate, che quindi avevano investito magari in macchinari riuscirono a mantenersi in vita, ma decisero di non mantenere quella che era l'arte dell'intreccio nel distretto, perché nel tempo poi iniziarono anche a salire i costi del lavoro e tutto quello che era la manodopera nell'Italia manifatturiera, perciò fecero la scelta di spostare la produzione in Asia, tra Indonesia e Cina. Questo in un primo momento ripagò, poi nel tempo vista la grande concorrenza che c'era in questo mercato a livello mondiale, non ha ripagato e infatti la qualità, il servizio e il controllo centralizzato di quello che era il prodotto è venuto meno e nel tempo anche le stesse aziende pian piano sono andate ad appassire”.Te lo saresti mai aspettato di guidare oggi un’azienda di 15 ragazzi con meno di 30 anni?“No, non me lo sarei mai aspettato di guidare un'azienda che conta un certo prestigio nel nostro particolarissimo ramo e che appunto dà lavoro a 15 ragazzi del territorio under 30, ma ero certo che avrei fatto qualcosa di inconsueto rispetto a quelli che erano i lavori comuni o le varie mansioni che la società di oggi ci offre, su questo ero certo. Infatti fin da piccolo sia ai miei genitori che ai miei nonni dicevo che non sapevo quello che avrei fatto, ma mi sarei occupato di qualcosa del tutto diverso rispetto a quanto faceva la maggioranza. In realtà poi ho preso quella che è la lavorazione, forse più primordiale ma rivalutata e reinterpretata ad oggi. Quindi possiamo dire che è atipico ad oggi puntare su un mestiere artigiano così antico. Quello che credo però è che non avrei potuto fare altro perché il lavoro che faccio quotidianamente, avere a che fare con progetti, spunti e desideri. Il nostro obiettivo è quello di creare e mettere a terra quello che inizialmente è solo un desiderio e portarlo nelle tre dimensioni tramite quella che è la bellissima e affascinante lavorazione dell'intreccio”.Qual è il segreto del vostro successo?“Il segreto del nostro successo prima di tutto, partendo proprio dalla parola “successo” è che facciamo succedere, ovvero ogni giorno lavoriamo per far accadere le cose, non le aspettiamo. Stiamo continuando a studiare, ci stiamo facendo una grossa cultura dietro a quella che era una lavorazione che invece non ne aveva, stiamo testando nuove materie. Stiamo cercando di eliminare quello che è il concetto di impossibile dal nostro vocabolario e questo per le aziende che hanno a che fare con la creatività e la fantasia come quelle della moda e del design è fondamentale. Poi chiaramente anche nel servizio, nell'elasticità riusciamo ad essere forti, vincenti, abbiamo prontezza nella risposta nella mail, nell’esaudire desideri, nel riuscire ad essere anche veloci con i tempi di realizzazione. In più non ci limitiamo a quella che è la sola produzione, ma cerchiamo di aggiornare le nostre capacità, di continuare a formarci e di pensare a dei prodotti che siano nostri, che possano davvero raccontare una storia, un territorio dei colori delle architetture, tutte nostre, come quelle del borgo di Mogliano, come quelle delle storie degli artigiani molinesi, come i colori dei campi di grano maturi, dei nostri torrenti e delle nostre montagne. Portando questi racconti, veicolandoli tramite i nostri prodotti con degli intrecci del tutto inediti, sicuramente faremo strada. Sono certo che non andremo a copiare ma creeremo qualcosa di unico. Perciò il segreto del successo è prima di tutto fare e non limitarsi al ragionamento e alla premeditazione e poi creare secondo dei criteri unici che non seguono gli schemi o quelle che sono le leggi non scritte chiaramente, che invece governano i mercati di oggi. Siamo stati in contatto con Nuova Simonelli e abbiamo sviluppato la prima testata intrecciata al mondo di una macchina da caffè, abbiamo realizzato degli interni per alcune aziende del mondo dell'automotive, quindi interni d’auto con intrecci di pellami. Abbiamo inoltre portato le nostre materie che spesso vengono descritte come fragili all'interno di imbarcazioni che hanno tutto il giorno a che fare con quella che è la salsedine e vari eventi atmosferici piuttosto invadenti e pesanti per materie naturali, quindi cercando anche la tipologia di sostanza adatta e la giusta texture da applicare a un determinato prodotto utile a quello che è il mondo nautico. Abbiamo rivestito intere pareti di ville per degli importanti studi di architettura. Ci siamo confrontati davvero con progetti di vario genere dalle borse più classiche a quelle con forme più strane a oggetti di design del tutto contemporanei come specchiere intrecciati con varie materie per creare degli effetti. Ma anche lampade di un certo tipo con delle dimensioni che superano i 2 m. Quindi questo ci permette la nostra “strecciatezza”, passami il termine, mentale, ci consente di essere competitivi e attrattivi rispetto ai clienti che poi si imbattono nella nostra realtà”.Progetti in cantiere?“I progetti in cantiere sono diversi, prima di tutto continuiamo per mantenere un certo standard qualitativo e servizio alle aziende che sono nostre clienti e a quelle che si approcceranno al nostro mondo e si interfacceranno con “Intreccio Vivo”, quindi mantenere quella che è la qualità per continuare a rivolgersi a quello che è il mondo del lusso. Dopodiché, progetti che ci chiamano in prima persona e che ci vedono come diretti interessati, posso dirti che al Salone del Mobile del 2026, poi ad Artigianato a Palazzo, molto probabilmente anche ad Homo Faber di settembre dell'anno prossimo, andremo a presentare quella che sarà la prima collezione targata “Intreccio Vivo”, una capsule di design con cinque prodotti d'arredo, che avranno sicuramente delle materie e dei principi di intreccio e forme uniche, ma allo stesso tempo non nascono dal niente o da una sola e mera strategia di marketing, ma da quelle che sono delle influenze per noi fondamentali, come, ripeto, le architetture dei nostri borghi, le colorazioni delle nostre campagne, l'arte sacra che vanta ogni borgo medievale del marchigiano e soprattutto cerca di far capire quanto valore, lavoro, studio e manualità c'è dietro ad ogni intreccio, quindi riuscire anche a far uscire l'artigiano fuori dal prodotto, mostrarlo e dargli il giusto peso e far davvero percepire l'importanza dell'uomo dietro a un prodotto che nasce da un filo. Ciò sarà fondamentale per questa collezione, ma lo sarà anche per le prossime. Come dicevo, questa prima capsule sarà d'arredo, ma poi ci affideremo a quelli che sono i nostri spunti che di anno in anno si aggiornano, quindi non escludo che nel 2028 invece uscirà una capsula sempre con questi principi ma di moda, quindi borse, complementi di stile, charm, abbigliamento, poi ancora perché no un'altra capsule in futuro per l'automotive, quindi quello che ci contraddistingue è pensare all'intreccio a 360 gradi e renderlo del tutto nostro. Per farlo in un determinato modo ed etichettarlo e renderlo identitario è necessario invece raccontare la nostra storia e veicolarla mediante i prodotti per far scavallare finalmente quello che è un racconto storico con delle radici davvero profonde, fuori dalle mura del borgo. Dopodiché andremo ad ampliare sicuramente gli spazi, che avranno tutti dei criteri utili a far sì che l'artigiano li possa vivere al meglio, ambienti con molta luce, dove ci si possa immergere anche in tutta quella che è la cultura, infatti stiamo pensando di appendere delle foto che possano stimolare, che possano riuscire ad ispirare quello che è l'organico creativo di ‘Intreccio Vivo’. Un altro progetto sul quale stiamo puntando davvero tanto, in questo momento è la formazione ed il coinvolgimento di figure che si possano interessare, ma che sono diverse dalle nostre come vivaisti, come periti agrari, vorremmo fortemente riappropriarci di quelle che sono delle materie che prima venivano coltivate con una certa frequenza, intensità nelle nostre terre, quindi anche delle materie autoctone come il vimini, la ginestra, i grani antichi come il senatore Cappelli, lo iervicella, giunchi palustri che nascevano forti nei nostri torrenti e nei laghi, materie che sono tra le più classiche, ma che per la verità non si trovano più in commercio e sono materie incredibili, sia per colori, che per forme, che per storicità, ma anche perché fitodepuranti, quindi utili al nostro territorio, che però purtroppo non vengono più coltivate, perché come tutti i mercati si sta andando sempre sulla scelta più strategica, più redditizia e quindi molto spesso quelle che sono delle culture antiche danno determinate problematiche, hanno sempre più bisogno dell'uomo che le curi e non è funzionale né redditizio magari per un'azienda che si occupa di agricoltura, puntare su queste piantumazioni. L’idea è quella di creare proprio una produzione nostra di materie e poi lavorare sulle stesse”.Puoi commentare l'articolo su Vivere Macerata


Lisa Grelloni