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Doppia medaglia d'oro a Tokyo, Tamberi: "Non dovrebbe mai toccare all’atleta decidere"

A distanza di un mese dall’impresa alle Olimpiadi di Tokyo 2020, Gianmarco Tamberi è tornato a parlare della vittoria della medaglia d'oro nel salto in alto a pari merito con il qatariota Mutaz Essa Barshim.

Intervistato da Repubblica a poche ore dalla gara in Diamond League di Zurigo, in Svizzera, l'atleta anconetano ha ripercorso quei momenti in Giappone e parlato dei festeggiamenti successivi. Gimbo ha ammesso di essere ingrassato di circa cinque chili: "Dopo cinque anni a dieta mi sono un po' rilassato. A Tokyo ero 11 chili sotto il mio peso che quando non mi alleno è di circa 86".

Per Tamberi anche la sfilata sul tappeto rosso della Mostra del cinema di Venezia con la fidanzata Chiara Bontempi. "Sono andato in smoking bianco - ha detto - non potevo presentarmi all’invito in tuta, ma ho indossato tutti capi di aziende marchigiane, perché ci tengo ad aiutare la ripresa della mia regione".

Il campione olimpico ha poi ripercorso la gara di Tokyo e di come si è arrivati alla doppia medaglia, affermando che secondo lui il regolamento andrebbe cambiato: "Non dovrebbe mai toccare all’atleta decidere il pari-merito. Non è giusto, e se uno dei due non è d’accordo che si fa, si tira la monetina?".

"Dovrebbe decidere il regolamento, senza possibilità di accordo. A noi - ha detto - va il compito di saltare, e basta. Tokyo è stato un fatto eccezionale, ma ha fatto comodo a tutti, perché altrimenti la finale dei 100 metri sarebbe stata ritardata e alla programmazione televisiva non andava bene".

In quella gara Tamberi e Barshim avevano saltato senza errori le misure di 2,24 metri, 2,27, 2,33 e 2,37. Alla misura di 2,39 metri avevano entrambi commesso tre errori. Con gli altri atleti ormai fuori gara, i due, sicuri di aver conquistato almeno l'argento, avrebbero dovuto contendersi l'oro con uno spareggio, oppure accettare il pari merito.

"È stato Barshim - ha raccontato Tamberi - a chiedere al giudice: possiamo vincere tutti e due? Poi mi ha guardato, come a dire: ci stai? Non c’è stato nemmeno bisogno della mia risposta. E chi ero io per rifiutare un oro all’Italia? Avessi detto no e l’avessi perso mi avrebbero sommerso di critiche: presuntuoso, superbo, egoista. È stata un’occasione unica di amicizia".Puoi commentare l'articolo su Vivere Ancona


Marco Vitaloni