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Il rugby internazionale fischia marchigiano con lo jesino Dario Merli

Dai primi passi da giocatore, mossi coi colori del Rugby Jesi ’70, a fischietto internazionale. Il percorso compiuto e in ascesa di Dario Merli, jesino, 27 anni, arbitro nello scenario del grande rugby italiano – dove è inserito nel gruppo dei direttori di gara per la Serie A e degli assistenti arbitrali per il Top 10, l’élite della palla ovale nazionale – e fuori dai confini.

Dove ha diretto nei mesi scorsi agli Europei Under 18 ospitati a Kaliningrad in Russia, organizzati dalla Rugby Europe, e ha collaborato da assistente alla direzione della sfida fra le Zebre di Parma e gli scozzesi del Glasgow Warriors nel campionato URC (United Rugby Championship, ex Guinness Pro 14), il top del rugby per club fra Italia, Scozia, Galles, Sudafrica e Irlanda.

«A questo sport - ricorda Merli - mi sono avvicinato, come spesso accade, tramite due o tre compagni di classe che già giocavano. Avevo già praticato varie altre discipline, sia individuali che di squadra, ma quando ho provato il rugby non me ne sono più distaccato. Una passione forte, che mi ha preso per non lasciarmi più. Sono stato anche capitano nelle giovanili a Jesi. Nel 2013, mio ultimo anno nel vivaio, avevo già giocato un paio di partite in prima squadra e avrei dovuto iniziare l’università, ma un problema congenito al ginocchio richiedeva l’operazione. È stato allora che Moreno Perucci, mio allenatore delle giovanili e anche arbitro, mi propose di fare il corso per diventare direttore di gara. Ho cominciato così».

Rammenta Merli: «Nell’agosto del 2019 a San Benedetto del Tronto, per l’incontro Italia - Russia fra Nazionali maggiori ho avuto il privilegio di rivestire il ruolo di quarto uomo: ho appreso molto dai colleghi abitualmente designati in gare internazionali ed inoltre è stato emozionante vedere nelle Marche lo stadio pieno, condividendo il terreno di gioco con giocatori come Parisse che, quando giocavo, erano anche i miei idoli. La prima designazione internazionale è arrivata nei primi mesi del 2020, poco prima dello stop per la pandemia: a Lisbona la finale della Coppa Iberica Under 18, che si disputa fra le compagini di club campioni di Portogallo e Spagna. Sarei poi dovuto andare agli Europei Under 20 del 2020, saltati per Covid. Quest’anno, gli Europei Under 18 in Russia». Evidenzia poi Merli: «Ricordi per me significativi sono anche quelli vissuti grazie al Progetto regionale di volontariato Extra – Rugby oltre le sbarre, organizzato presso la Casa Circondariale di Pesaro ora momentaneamente sospeso causa Covid, a cui ho partecipato attivamente dando il mio contributo ai responsabili, per favorire la risocializzazione dei detenuti autorizzati, grazie ai valori che contraddistinguono il nostro Sport».

Vivere il rugby da arbitro, spiega Merli, «offre una visuale privilegiata e diversa da quella da giocatore. Un’attività che mi ha fatto crescere moltissimo, anche perché ho iniziato già da giovane, a 19 anni, a dover in campo gestire e regolamentare il confronto fra trenta giocatori spesso più grandi di me. Mi ha formato il carattere. Ciò che conta è essere determinati e professionali e il divertimento che si prova spesso deriva dall’essere consapevoli di fare bene il proprio lavoro, grazie a scelte al servizio del gioco che consentano ai giocatori in campo di esprimere al meglio le loro capacità tecniche. Questo aiuta anche a superare un eventuale errore di valutazione: è importante che ogni decisione venga presa con cognizione di un preciso processo decisionale e degli elementi a disposizione in quel momento. Gli errori sono fisiologici ma mi piace comunque considerarli come un’occasione di miglioramento per le partite successive». Un cammino che «mi ha dato e continua a darmi modo - dice il fischietto jesino - di conoscere da vicino tante persone e realtà diverse. L’aspetto che ricordo con maggiore nostalgia, rispetto al rugby giocato, è il cameratismo che si crea con i compagni squadra, durante gli allenamenti settimanali e nel corso della gara. Ciononostante, un rapporto diverso ma per certi versi più profondo si crea all’interno del gruppo arbitrale, dove ho stretto amicizie fidate che continuo a coltivare grazie alla forte passione che ci lega».

Conclusi con la laurea gli studi universitari di giurisprudenza a Bologna, attualmente il giovane arbitro internazionale sta affrontando il percorso di pratica forense presso uno studio legale e di tirocinio presso la Procura della Repubblica di Bologna, per poi decidere più avanti quale direzione prendere. «Impegnativo combinare gli impegni sportivi e professionali, anche perché oltre agli allenamenti, dedico al rugby almeno 3 o 4 sere ogni settimana, fra analisi video delle partite e video-conferenze di gruppo. Ma, avendo iniziato praticamente in contemporanea l’attività di arbitro e gli studi universitari, sono di fatto cresciuto coniugando l’arbitraggio ai vari impegni accademico-professionali. E resta, la mia, una scelta che mi sento di consigliare a tanti: ne vale davvero la pena e grazie ad impegno, dedizione e costanza, possono essere notevoli il divertimento e le soddisfazioni personali».

Resta forte il legame col mondo d’origine rugbistica. «Mi fa piacere che molti dei miei risultati siano da attribuire al grande lavoro che il movimento marchigiano ha dimostrato di saper mettere in pratica dal punto di vista arbitrale e sono certo che grazie alla qualità del lavoro organizzato dai tecnici e responsabili regionali, ci saranno altri ragazzi e ragazze promettenti che avranno la possibilità di emergere, confrontandosi con campionati di categorie superiori. Quanto a Jesi, ci ho giocato per tanti anni, molti miei vecchi compagni di squadra sono ora nella Seniores e in passato, quando erano ancora in C, mi è anche capitato più volte di arbitrarli. Erano occasioni in cui, prima del fischio d’inizio, si sentiva un peso specifico diverso ma poi prevaleva sempre la concentrazione sul mio ruolo e nel riuscire a prendere di volta in volta la decisione corretta».

Il futuro? «Il mio impegno è a continuare a migliorare tecnicamente e riuscire man mano a ottenere designazioni sempre più prestigiose. A livello nazionale sono in Serie A, appena un gradino sotto la massima categoria in Italia e la speranza è che i risultati del lavoro svolto mi consentano di guadagnare la fiducia necessaria a questo ulteriore salto. Anche in campo internazionale mi auguro di avere ulteriori possibilità con cui confrontarmi e divertirmi».Puoi commentare l'articolo su Vivere Jesi


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