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Alta velocità, Andreani (Uil Trasporti): “Non ci possiamo permettere di perdere questo treno”

Parlare di Alta Velocità e Alta Capacità ferroviaria sulla dorsale adriatica tra Bologna, Ancona, Pescara e Bari senza conoscere il quadro di riferimento e il contesto attuale non solo è controproducente, ma lascia spazio a voli pindarici inutili e riduce un ragionamento che potrebbe essere importante alla classica chiacchiera da bar rischiando addirittura di essere controproducente.

Per avere una corretta visione dello stato occorre partire dal Libro Bianco dei Trasporti approvato in sede europea nel 2011 e condiviso con convinzione dall’Italia: esso poneva come obiettivo 2030 lo spostamento 30% delle merci entro i 300 chilometri di percorrenza ed entro il 2050 il 50% delle merci, oltre alla riduzione del 60% delle emissioni in ambito trasporti. C’è poi il Green Deal Europeo che punta allo stesso anno per la riduzione di tutte le emissioni, comprese quelle del trasporto, del 90%. Di questo patto fanno parte tutte le politiche sulla decarbonizzazione, sulla transizione ecologica.

Altro dato fondamentale è che la dorsale adriatica fa parte a pieno titolo dei corridoi europei TEN-T, ad esempio attraverso il corridoio Baltico Adriatico, che è stato ultimamente prolungato fino a Bari. Infine, la Legge di Bilancio 2022, per la prima volta, fa un investimento specifico sulla linea Adriatica introducendo all’art. 1, comma 394, il concetto dell’Alta Velocità e Alta Capacità e stanzia 5 miliardi di euro. C’è poi un ultimo dato di cui dobbiamo tenere conto, e cioè l’attuale saturazione della linea Adriatica. Un esempio su tutti: il tratto Rimini Termoli vede come media circa 500 treni giorno, di cui l’85% treni passeggeri (Frecce, treni regionali e Tpl) e il restante 15% circa treni merci. Al netto delle interruzioni per manutenzione ordinaria o straordinaria, guasti, eccetera.

Ovviamente il raggiungimento degli obiettivi non è discutibile, e visto il contesto, arrivarci nei tempi previsti presuppone che si ragioni sulla necessità di realizzare non due, ma quattro binari a supporto dell’alta velocità, del traffico locale e regionale e del merci che, in base agli obiettivi della lotta al cambiamento climatico, dovrà crescere notevolmente. Per cui la scelta dovrà essere fatta tra una nuova linea ferroviaria arretrata lasciando funzionante quella esistente sulla costa, destinandola a trasporto pubblico locale, oppure una nuova linea a quattro binari completamente arretrata rispetto alla costa. Se non si fanno le scelte, il rischio è che qualcun altro le faccia al posto nostro. Per essere più precisi, se non si risponde all’aumento obbligato della domanda di trasporto merci, come previsto dagli obiettivi europei voluti e condivisi dall’Italia, con una offerta adeguata in termini di tracce ferroviarie, il rischio è che si decida di trasferire quel traffico che potremmo gestire noi in altri corridoi, bypassando le Marche, l’Abruzzo ed il Molise, privilegiando il collegamento Bologna - Firenze - Roma - Napoli - Foggia - Bari. Ce lo possiamo permettere?

Tutto ciò dimostra come ogni ragionamento sia molto complesso e articolato e deve, per forza di cose, tenere in considerazione il quadro e muoversi all'interno di esso. È evidente che il progetto per un intervento di potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria adriatica deve essere realizzato coinvolgendo i territori, ma solo se si è capaci di ragionare in questi termini: gli investimenti sull’Adriatica riguardano i territori attraversati ma sono strategici anche per lo sviluppo industriale, per la logistica e in sinergia con le maggiori aree portuali, come per esempio Ravenna, Ancona e Bari. Quindi una progettazione che preveda la realizzazione dell’Alta Velocità e dell’Arretramento, dove possibile per liberare la costa, deve essere concepita in funzione degli obiettivi indicati dalla comunità europea e che tenga conto del contesto dell’attuale traffico ferroviario e congestione dei binari attuali, oltre ad avere una visione complessiva, per non rischiare di realizzare una infrastruttura non al passo coi tempi, vecchia prima ancora di nascere, in parole povere, inutile ai nostri bisogni.

È ovvio che in tale contesto la discussione e le decisioni non possono essere che prese attraverso un confronto tra i governi regionali interessati, nell’ottica di una politica unitaria sul raggiungimento non solo degli obbiettivi, ma di un rilancio delle infrastrutture in funzione di un rilancio dell’economia di questo macro-territorio. Per cui la domanda che sorge spontanea e che rivolgiamo a Governo e Regione è: “Come pensate di poter e di dover intervenire, in che modalità e tempistiche e con quali idee?”. Su questo tema, come UIL Marche vorremmo fosse aperto con urgenza un dibattito propositivo e costruttivo.Puoi commentare l'articolo su Vivere Ancona


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