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MOF2020: Lo Sferisterio si conferma teatro di coraggio con un Don Giovanni anti-covid

Il distanziamento tra attori e pubblico non ferma la voglia di fare teatro. Un Don Giovanni senza scenografia ma con un'intensità che non ne fa sentire la mancanza.

Si può ridurre a video mapping se si palesano idea e qualità da video-arte?

La scenografia del Don Giovanni di Mozart, in cartellone allo Sferisterio per il Macerata Opera Festival 2020 con regia di Davide Livermore e in collaborazione con il Festival d'Orange, è un susseguirsi di immagini, statiche e in movimento, proiettate a campo pieno sull'enorme muro di fondo del palco. Il fascino della scenografia è sorprendente: quando lo spettatore si sta abituando alla visione, l'immagine di fondo cambia in una nuova immagine prospettica.

"Tutto il muro – afferma il regista – diventa un immenso schermo onirico volto ad ambientare e trasfigurare il mito".

Il mito, il Don Giovanni, è un anti eroe rivoluzionario, eterno seduttore che non rinuncia alla sua vita libertina nemmeno di fronte alle minacce di morte. Un personaggio di tale e subdola entità può essere inserito in qualsiasi epoca senza particolari cambiamenti di stile, se non quelli nella maniera d'abbigliarsi. Proprio sui costumi è intervenuta la regia, a sottolineare la perenne attualità del Don Giovanni contro i retaggi demodé di tutti gli altri personaggi: le parrucche e i costumi settecenteschi di Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira si contrappongono all'outfit moderno del protagonista, vestito con camicia e pantaloni neri di foggia odierna, scarpe lucide e cintura minimal. Alle amanti del Don Giovanni sono sottolineate lussuria e appetito sessuale con veli succinti e nude look.

La scenografia-video rimarca il dualismo antico-moderno nelle immagini monumentali abbellite da murales decisamente attuali, in cui si legge, ad esempio, "Zerlina e Masetto" arricchiti dal disegno un cuore abbozzato tra i due nomi. Ancora: l'automobile gialla è l'alcova d'amore di Don Giovanni, la carrozza guidata dal cavallo trasporta le donne da lui desiderate e poi tradite.

Le scene appaiono congelate in posizioni statiche, più che di ensemble movimentati o danzanti si può parlare di pose da quadro, in cui gli interpreti si muovono quasi solo per correre da una parte all'altra dell'immenso e vuoto palco dello Sferisterio. Seppur breve, la coreografia pare ben studiata e ben eseguita dai mimi e i quadri, soprattutto quelli orgiastici, ben azzeccati per colori e allusioni.

Se nel primo atto nessuna voce prevale sulle altre per spinta ed emotività, è nel secondo atto che si crea l'amalgama corretto tra gli elementi. Ottimo ménage-à-trois tra il baritono Mattia Olivieri, il tenore Giovanni Sala (una conferma) e il soprano Valentina Mastrangelo, già nota e apprezzata allo Sferisterio per la Carmen di Jacopo Spirei (MoF 2019).

il soprano Lavinia Bini (Zerlina) trasmette sensualità maliziosa sia nel video di fondo, in cui appare in un primo piano seducente seppur castamente vestita, che nell'interpretazione solista (scena sedicesima atto I). Donna Anna, interpretata dal soprano Karen Gardeazabal, alla terzultima scena finalmente si fa apprezzare e riscatta un inizio appena sotto tono.

L'opera si chiude sotto il cielo stellato egregiamente proiettato sulla parete di fondo, tra applausi continui ma senza grande slancio emotivo da parte di un pubblico forse timido e forse infreddolito.

Un cartellone a rischio quello di quest'anno, ma che viene portato avanti con successo: "Piuttosto che issare bandiera bianca facciamo di necessità virtù", come sostiene il direttore Francesco Lanzillotta, che non cela le difficoltà incontrate per la messinscena del Don Giovanni in un periodo in cui protocolli e barriere anti-covid spingono a gettare la spugna. Lo Sferisterio si riconferma una realtà battagliera, che non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua programmazione, nemmeno quando il fattore climatico è avverso come ieri sera.

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Marina Mannucci