
Fermo: SantâElpidio a Mare: al Cicconi Andrea Pennacchi, professore della sua Piccola Odissea [commento]
Ieri, 23 maggio, recupero della data del 1 aprile che chiude definitivamente la stagione di prosa per il 2023. Uno spettacolo con una promessa/premessa che non è stata del tutto rispettata.
Un palco nudo, tre musicisti e la sola voce potente di Pennacchi. Lâattore e autore parte con un aneddoto personale che crea empatia e fa sorridere: âmio padre vendeva libri alla festa dellâUnità , non so se ve la ricordateâ, lasciando immaginare una messinscena altamente personalizzata e ricca di parallelismi, invece lo spettacolo si trasforma in una lezione di letteratura che, seppur ben realizzata, risulta un poâ impersonale. âLâOdissea non si legge, è lei che legge teâ: con la promessa che ci saremmo tutti riconosciuti in Ulisse ci immergiamo in questo racconto. Si delinea unâOdissea dallâaria ironica e narrata in modo gioviale, tra mostri, donne bellissime, nemici implacabili, tossici, una storia in cui câè dellâesotico e del famigliare. âSembra il mio quartiereâ ironizza Pennacchi. Alterna momenti di ilarità a situazioni più serie, in cui mette in campo le sue gigantesche doti interpretative. Accompagnato nel viaggio dalla musica live di Giorgio Gobbo, Annamaria Moro e Gianluca Segato, nel narrare parte dalla fine, ovvero quando Odisseo torna ad Itaca dopo ventâanni a girovagare per mari e isole. Ventâanni lontano da casa, tra loto, lâotre dâaria âdal tappo difettosoâ, Odisseo e i compagni arrivano allâisola di Circe che li trasforma in maiali, poi câè il colloquio con Tiresia e con la madre, le sirene ammaliatrici, lâisola delle vacche intoccabili, fino al ritorno a casa e al riconoscimento da parte del cane Argo, per finire col ricongiungimento con lâamata Penelope. Pennacchi ci racconta la sua Piccola Odissea rendendo merito al noto film del 1954 più che allâopera magna: narratore presente e fermo, seppur con qualche imprecisione, che facilmente trasporta il pubblico davanti ad un grande schermo, dove sembra di vedere un meraviglioso Kirk Douglas alle prese con Polifemo, o nella celebre scena dellâarco e dei Proci. Il teatro qui è esposizione, narrazione, è quasi esigenza narrativa ben riuscita.Alle peripezie di Ulisse, però, non si aggiunge altro. Non una visione personale, non un paragone con lâuomo moderno, non lâattesa immedesimazione. Certo è che âa raccontarla tutta è unâOdisseaâ, come giustamente afferma Pennacchi, ma alla fine ciò che rimane è solo una buona interpretazione, gradevole e spensierata, apprezzata dai più. Puoi commentare l'articolo su Vivere Fermo
Marina Mannucci vf